martedì, settembre 04, 2012

L'uomo del dialogo non può bastare.

In questi giorni la morte del cardinale Martini ha avuto un grande peso all'interno delle trasmissioni di informazione e approfondimento della nostra tv, oltre che uno spazio considerevole su giornali e web. Un interesse dei media che ha forti riscontri nella statura del personaggio agli occhi dei molti italiani che hanno visto in lui una figura autorevole e per la quale non si poteva che nutrire un profondo rispetto. La parola d'ordine "sembrava" dettata dall'alto, per quanto i titoli fossero uniformi ma non esaustivi: "l'uomo del dialogo" francamente mi sembra un po' riduttivo. Senza entrare troppo nel merito, l'impressione è che quasi sia stato dato un indirizzo sui temi da affrontare in questi giorni di trasporto emotivo da parte della comunità cattolica (e non solo). Accentuare la propensione al dialogo di Martini per non parlare delle convinzioni che hanno guidato il cardinale per tutta la vita ma in contrasto con le direttive ufficiali della chiesa cattolica. 

Proprio per uscire da questo sentiero tracciato dai media vorrei spendere due parole sulla lettera della nipote Giulia al cardinale Martini, uscita oggi sul Corriere della Serra (allego il link). Una lettera scritta in linguaggio semplice che racconta gli ultimi giorni di Martini e il trasporto della famiglia. Un testo che mette in primo piano la naturalezza e la dignità di una vita che termina senza accanimenti di alcun tipo, per scelta del diretto interessato. Una lettera che dovrebbe far riflettere quanti vorrebbero applicare il proprio fondamentalismo (mi chiedo di quale pseudoreligione) alla vita altrui, imponendo pratiche che poco hanno a che fare con la pietà umana, in nome di non so quale concetto di vita. Spero che in questi giorni si parli anche di questo e di altri aspetti del pensiero di Carlo Maria Martini: "l'uomo del dialogo" è troppo comodo, non può bastare.    



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