lunedì, luglio 25, 2011

Due righe sulla Norvegia.

Le stragi avvenute in Norvegia venerdì scorso non potranno mai essere dimenticate. Una carneficina perpetrata in uno dei paesi più tranquilli del mondo. Una bomba nel pieno centro di Oslo e la mattanza all'interno di un campo estivo organizzato dai giovani del Partito Laburista nell'isola di Utoya. Il pensiero di molti è subito andato a trovare i colpevoli tra i gruppi terroristici islamici (guardate qui che figuraccia ha fatto il Giornale), che avrebbero colpito per punire uno dei paesi in cui erano state pubblicate le famigerate vignette contenenti ironia nei confronti di Maometto. C'è voluto un attimo e il polverone anti islam si era ormai alzato, soprattutto tra chi della xenofobia e della protezione dei valori cristiani fa un cavallo di battaglia. E invece la realtà ha mostrato tutt'altro. Ha mostrato i frutti avvelenati e mortali delle campagne d'odio nei confronti non solo dei diversi, ma di chi considera la diversità come una ricchezza. Le stragi in Norvegia non sono casuali, Anders Behring Breivik non può essere considerato semplicemente come un pazzo, sarebbe troppo semplicistico, superficiale e ipocrita. La carneficina ha profonde radici politiche e ideologiche. Colpire il partito laburista è stata una scelta lucida di chi non sopporta l'idea di una società libera e profondamente laica, la scelta di massacrare quelle decine di ragazzi ventenni voleva essere un modo per profanare un luogo in cui si predica l'apertura della società alle diverse culture e religioni e uccidere chi in futuro applicherà questi insegnamenti. Questi avvenimenti dovrebbero farci riflettere molto sulla strada che la società occidentale ha intrapreso nel confronto con le altre culture e religioni. Troppo spesso, attraverso le campagne di stampa e le scelte politiche si alimentano timori che si traformano in chiusura, aggressività, a volte odio. Le stragi sono state dei gesti estremi, ma non possiamo nascondere che nei confronti dei diversi si ha un approccio sempre più duro, sia da parte di pezzi di popolazione, sia da parte di alcuni stati (tra cui purtroppo il nostro). A questa deriva si può contrapporre soltanto la cultura, la conoscenza reciproca, il contatto diretto, il dialogo. Lo sforzo di tutte le forze politiche e della società civile negli anni avvenire dovra concentrarsi molto su questi aspetti. In gioco c'è il nostro futuro e quello dei nostri figli.

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