Durante l'ultima campagna referendaria il tema più sentito, insieme al nucleare di cui ho già scritto, è stato quello relativo alla gestione dell'acqua. Con il voto gli Italiani hanno abolito l'obbligo di privatizzare una parte della gestione della filiera idrica e il meccanismo di determinazione della quota di remunerazione garantita ai privati che investono nel settore. Come avete potuto leggere su questo blog io ho sostenuto la campagna per 2 si, ma con la consapevolezza che questo voto avrebbe significato la necessità di mettere mano alla regolamentazione del settore, il che significa avvicinare l'ideale al pratico, il principio al realismo. Proprio in quest'ottica secondo me è necessario:
- Realizzare un'analisi seria delle risorse umane e professionali presenti all'interno degli enti pubblici. E' fondamentale conoscere l'effettivo potenziale dei dipendenti pubblici, per capirne le capacità incrementare le competenze. Non basta avere il controllo pubblico dell'acqua, è necessario che la gestione sia efficiente.
- Dove il pubblico non riesce a fornire tutti i servizi necessari, entro certi limiti qualità e quantità, si può ricorrere a una parziale liberalizzazione dei servizi. Il controllo deve rimanere pubblico e la maggioranza degli organi dirigenti dovranno essere costituiti da tecnici del settore. Questi percepiranno una retribuzione legata ad obiettivi di qualità che verrano stabiliti prima dell'insediamento. Nel contratto dei dirigenti degli enti saranno inserite clausole che introducono responsabilità personali in caso di gestione dell'azienda che non segua la specificità del servizio pubblico. Inoltre, non potranno far parte della dirigenza persone in contatto economico, anche indiretto, con aziende del settore idrico (per esempio, non posso dirigere un ente che può fornire lavoro ad una società di cui posseggo azioni).
- Modificare il sistema di remunerazione dei privati. La retribuzione dei privati deve essere legata alla qualità del servizio. Il principio guida deve essere che il privato guadagna soltanto se la collettività guadagna. Faccio un esempio. Un ente, chiaramente dopo gara d'appalto, dà in gestione una tratta di acquedotto a un privato. Ammettiamo che questa tratta abbia in partenza una quota di acqua dispersa pari al 45%. Il sistema deve permettere al privato di guadagnare bene se nel tempo riesce a ridurre quella percentuale, quindi se in un anno si arriva al 43% la società avrà una renumerazione legata al 2% risparmiato dalla collettività. Inoltre si possono identificare altri obiettivi di qualità, come la tempestività degli interventi o altro ancora. L'importante è che gli interessi dei privati coincidano con quelli della collettività.
Nessun commento:
Posta un commento