Le ultime settimane passate a osservare i repentini cambiamenti della politica italiana hanno distolto l'opinione pubblica dal concentrarsi sulle ragioni profonde della crisi europea. Eppure al netto delle operazioni di ingegneria finanziaria e di bilancio è proprio lì, sull'Europa, che è necessario lavorare per assicurarci un futuro di speranza e progresso.
In questi mesi ho pensato molto all'Europa, alla mia Europa. Io appartengo a quella che definisco "Generazione Maastricht", quella che durante l'infanzia ha respirato a pieni polmoni il sogno europeo dei padri e lo ha vissuto già dal periodo degli studi. Ancora ricordo la bella sensazione di vedere le cartine sul sussidiario così diverse da quelle dell'atlante di casa, che dividevano il mondo in due eserciti contrapposti, e di sentirsi parte di qualcosa di nuovo. Poi è arrivata l'unificazione della Germania, infine Maastricht. Da allora tutto è diverso ma allo stesso tempo normale, come i vari progetti di interscambio che fanno muovere ogni anno milioni di giovani da un Paese all'altro. Penso all'Erasmus a cui ho partecipato, al Leonardo e a tanti altri, ma anche agli accordi di Schengen che ci permettono di andare in giro per il continente soltanto con la carta d'identità in tasca, all'euro che ci permette ci ha unificati dal punto di vista monetario. Ho l'impressione che ai più tutto questo risulta ormai scontato, ma non è così. Questa grande crisi sta mettendo alla prova il popolo europeo che si trova davanti a un bivio che prevede il salto di qualità dell'Unione oppure la sua fine e l'attuale classe politica non è in grado di guidare i Paesi in questa così importante fase. Non solo, ma i vari Merkel, Sarkozy, Berlusconi e soci sono stati gli artefici di numerosi balzi indietro rispetto al pluridecennale cammino comunitario. E allora questo è il momento in cui la Generazione Maastricht deve farsi sentire. Pretendendo che gli attuali governanti riparino i disastri che hanno contribuito a creare con la loro politica chiusa e localistica e che si facciano da parte.
Ora tocca a noi. Siamo noi quelli che dovranno ricostruire l'Europa puntando all'unificazione politica. Ma per fare questo c'è bisogno di un grande movimento transnazionale che abbia a cuore la rincorsa del sogno europeista. Riusciremo a riprenderci la nostra Europa?